Diritto
allo Studio e condizione studentesca
Tommaso
Agasisti, Presidente del Consiglio Nazionale degli studenti Universitari
Ci
troviamo da quest'anno in una circostanza storica in cui il valore che il
diritto allo studio deve assumere è di una incidenza in misura sempre
maggiore all'interno della vita quotidiana dell'Università. In un momento
in cui stiamo andando verso una radicale riforma del nostro sistema, la
possibilità per i capaci e meritevoli di proseguire l'Università
"anche se privi di mezzi" va tutelata con tutte le energie
possibili.
Se
il reale protagonista è lo studente, gli enti per il diritto allo studio,
le università, i comuni e le altre istituzioni, non devono e non possono
concepirsi come demiurghi dal potere incontrollabile e incondizionato.
L'idea
di diritto allo studio come erogazione neutrale e generica di servizi è
un'idea distorta: la prima responsabilità è invece la valorizzazione di
tutte le componenti del mondo universitario che devono essere messe nelle
condizioni di poter operare e costruire a tutti i livelli, dal lavoro
studentesco dentro l'università al tutoraggio, alle forme di cooperazione
studentesca e non solo, all'aiuto allo studio.
Questo
tipo di funzioni sono svolte in modo molto più efficace dal soggetto, non
dall'istituzione!
Un
servizio concepito solo come dovere burocratico non risponde in maniera
efficiente.
Quanto detto spalanca un nuovo orizzonte per le questioni fondamentali di
cui vado ad occuparmi, perché se l'obiettivo è il miglioramento della
vita universitaria, è impensabile prescindere da chi l'Università la
vive in prima persona.
Il diritto allo studio è per questo motivo uno dei temi che più stanno a
cuore a tutta la realtà studentesca. Esso rappresenta per lo studente la
possibilità reale di svolgere il proprio percorso universitario con
l'aiuto di strumenti e mezzi adeguati.
Il problema diritto allo studio, infatti, ha anzitutto una dimensione
nazionale: la stesura del nuovo DPCM (che tra pochi giorni dovrebbe
comparire sulla scena) e la sua applicazione devono senz'altro incentrarsi
sulla risoluzione di problemi ancora aperti. Ne elenco solo alcuni tra i
tanti: la valorizzazione del criterio del merito nell'assegnazione delle
borse di studio, che anche nel DPCM è segnalato come criterio paritetico
rispetto a quello economico di reddito; l'efficacia dei previsti prestiti
d'onore, strumenti ancora non utilizzati in alcuni atenei (e laddove sono
stati utilizzati si sono manifestati alcuni problemi); i criteri per
l'individuazione delle fasce di reddito, rispetto ai quali vengono
continuamente sollevate obiezioni e richieste di chiarimento.
Non
ci si può sottrarre alla discussione a livello nazionale di tutte le
questioni aperte in merito questi temi diritto allo studio.
Contestualmente è importante capire come in questo processo di
discussione e risoluzione dei problemi entri in gioco la realtà
studentesca con le sue esigenze, e come questa parte possa essere
coinvolta in maniera significativa anche da parte del Ministero
dell'Università. Il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari può
e deve essere uno strumento in questo senso, nella speranza che venga
istituita al più presto anche la Consulta Nazionale per il Diritto allo
Studio.
Spetta
sì allo Stato individuare criteri adeguati al contesto attuale degli
studi senza però limitare i possibili interventi migliorativi delle
Regioni e degli Atenei, sia per la valutazione dei criteri di accesso ai
servizi, sia -come dirò più nel dettaglio in seguito- per la modalità
di erogazione dei servizi.
Esiste
infatti una faccia altrettanto importante della medaglia, che consiste
nelle competenze di Regioni, Città, singole Università che possono
aiutare, con interventi specifici, la realizzazione di un ampio ed
effettivo diritto allo studio. Le affermazioni di principio in merito alla
volontà di agire positivamente nel campo del DSU sono fondamentali perché
formalizzano un impegno rispetto alle problematiche in discussione, ma
occorre che a tali dichiarazioni seguano immediati interventi concreti.
Il
processo di autonomia che sta investendo l'Università in questi tempi,
non può non andare verso un coinvolgimento degli enti locali dando loro
una possibilità sempre maggiore di intervenire concretamente sulla vita
universitaria e di collaborare alla soluzione dei problemi, valorizzando
la volontà di chi desidera intervenire in modo adeguato ed incisivo nella
propria realtà.
A
questo riguardo è infatti opportuno ricordare come esistano sostanziali
differenze tra regione e regione, città e città. Un esempio:
l'assegnazione delle borse di studio. Come si evince dai dati riguardanti
l'assegnazione delle borse di studio nell'anno accademico 1998 / 1999,
alcune Regioni riescono ad assegnare una borsa di studio ad ogni idoneo
(vedi Piemonte, Emilia - Romagna), altre (vedi Puglia) non arrivano a
coprire che il 30% degli aventi diritto. Questo è senz'altro dovuto a più
ordini di fattori: da una parte la diversa distribuzione del reddito,
dall'altra da una spesso non chiara gestione dei fondi nazionali assegnati
alle Regioni stesse, ed alla reticenza di alcune di esse ad assegnare
propri fondi cospicui per il diritto allo studio.
Questo è solo un esempio per capire come un provvedimento nazionale
(quale è il DPCM in materia di diritto allo studio), non può stabilire
norme rigide e prive di elasticità che non tengano conto della relazione
tra università e territorio, nel contesto di questo problema così
fortemente relazionato alle diversità locali. Occorre che la norma
nazionale lasci invece un campo di azione il più vasto possibile a
Regione, Comuni, enti pubblici e privati presenti ed operanti nei diversi
contesti locali.
Desidero
esplicitare alcune tematiche più specifiche e legate ad un ambito più
locale. Per quello che riguarda il rapporto studenti - città, i problemi
che si pongono spesso come prioritari sono il servizio ristorativo, il
servizio abitativo, le assegnazioni delle borse di studio, le attività
lavorative per studenti.
Per
quello che riguarda il servizio ristorativo, è evidente come si stia
imponendo l'esigenza di una diversificazione del servizio e di un
innalzamento del servizio qualitativo di esso. Si osserva, ad esempio, in
molte realtà locali il vincolo al servizio offerto dalle mense: sarebbe
probabilmente più opportuno differenziare la tipologia del servizio
ristorativo attraverso la promozione di forme alternative rispetto alla
"mensa" tradizionale (come peraltro previsto, ad esempio, dalla
legge n°50 del 24 / 12 / 96 della Regione Emilia - Romagna, dove all'
art. 7 dice: "il servizio di ristorazione deve essere organizzato in
modo da attuare una razionale diffusione delle strutture sul territorio,
prevedendo una pluralità di forme di ristorazione"). Il fatto che
tale servizio non sia diversificato porta con sé una serie di problemi,
quali lunghe attese e rischio dell'abbassamento della qualità. Una
ragionevole proposta potrebbe essere quella di dotare gli studenti di
buoni - pasto analoghi a quelli dei dipendenti, spendibili in tutti i
locali convenzionati con le Università, anche se questa non è certamente
la soluzione più auspicabile.
Per
quello che concerne il servizio abitativo, il primo obiettivo deve essere
quello di migliorare e qualificare le residenze universitarie,
attrezzandole, ad esempio, con spazi comuni, sale studio, strumenti
tecnici ed informatici adeguati. In merito a questo, un aspetto
fondamentale su cui le città potrebbero operare in modo interessante è
il mercato degli affitti. Attualmente i costi da sostenere per esigenze
abitative da parte di uno studente medio sono molto elevati. Proprio per
questo motivo, sarebbe utile che le città si adoperassero a trovare forme
e modalità adeguate alla risoluzione di questo problema.
Gli
Enti di diritto allo studio, quindi, devono sempre più garantire la
qualità dei servizi erogati; in questa direzione possono essere previste
forme di collaborazione anche con soggetti esterni alle aziende regionali
stesse, coinvolgendo, ove possibile, anche le associazioni e le
cooperative (anche studentesche) che possono fornire servizi.
Occorre
inoltre che si arrivi in breve tempo ad una definizione chiara e precisa
delle singole competenze di Aziende per il Diritto allo studio, Enti
Locali ed Università nella materia del diritto allo studio. Gli studenti
devono sapere in modo chiaro a chi rivolgersi nell'affrontare determinate
problematiche (quali l'assegnazione delle borse di studio), e da chi poter
ottenere soluzioni rapide ed efficienti. Occorre evitare i continui
rimandi di responsabilità da un soggetto all'altro cui siamo spesso
costretti ad assistere; fatto che peraltro aumenta la confusione ed il
disorientamento negli studenti, specie in quelli dei primi anni.
In
definitiva, mi sembra che il compito che l'Università deve assumersi in
misura sempre maggiore sia quello di adottare provvedimenti sia
costituiscano un reale sostegno agli studenti, e non interventi in chiave
assistenzialistica. Questo significa, ad esempio, che (come si spera) il
nuovo DPCM deve prevedere un aumento dell'importo delle borse di studio,
in modo tale che esse rappresentino realmente uno strumento adeguato per
far fronte alle esigenze ed ai costi che uno studente universitario deve
sostenere. Un intervento economicamente limitato a poche centinaia di mila
lire rischia di non aiutare in modo adeguato lo studente. In questo senso,
come già ricordato ed ampiamente sottolineato, occorre concedere la
possibilità di scegliere liberamente se usufruire della borsa in denaro o
in servizi, o entrambi; questo per permettere che ogni singolo studente
gestisca la propria borsa nella maniera più rispondente alle proprie
esigenze.
Su
tutti questi problemi ed altri legati al mondo universitario, ritengo che
gli studenti possano veramente intervenire in modo significativo, sia a
livello propositivo, quanto a livello operativo. Per questo ritengo molto
importante che laddove esistono realtà di studenti, singoli o associati,
capaci di portare con le loro idee e le loro opere, un aiuto significativo
e concreto all'Università, esse vadano valorizzate ed aiutate in questo
lavoro. |