Tasse
più alte solo per nuovi servizi
Anche quest'anno molti studenti universitari
verificheranno che le tasse sono nuovamente aumentate. Di poco o di molto,
infatti, parecchie università hanno deciso, alla fine dello scorso anno
accademico, di procedere al loro innalzamento. Quali le ragioni? Le più
disparate. Coperture di capitoli di bilancio rimasti scoperti dagli anni
precedenti, potenziamento di alcuni interventi, e così via. Ma certamente
quest'anno la ragione dominante è l'applicazione della riforma
universitaria. I rettori hanno spiegato ai consigli di amministrazione e
ai senati accademici che per raggiungere questo obiettivo occorrerà
aumentare la quantità e qualità dei servizi resi agli studenti: infatti,
l'attuazione della riforma prevista dal decreto 509/99 è stata pensata
senza finanziamenti aggiuntivi da parte dello Stato. Tuttavia, i
contributi degli studenti non possono essere il modo attraverso cui gli
atenei tappano i loro buchi e pagano i costi della riforma. Non si può
pensare che la contribuzione studentesca diventi la loro prima fonte di
finanziamento. Inoltre, non si possono subire aumenti generici e
ingiustificati delle tasse. Vale a dire: gli studenti devono conoscere
quali nuovi servizi vengono pagati con gli aumenti dei loro contributi.
Solo così si potrà instaurare un rapporto di fiducia tra l'università e
i suoi "protagonisti" che sono, fino a prova contraria,
soprattutto gli studenti. Gli atenei dovrebbero insomma dichiarare come
utilizzano i soldi che prelevano agli studenti, per consentire a questi
ultimi di verificare, poi, l'effettiva realizzazione di nuove opere e
servizi. Sarebbe molto importante che ministero e Conferenza dei rettori
facessero proprio il principio secondo cui le tasse sono legate a opere e
servizi. Sotto questo profilo, il recente provvedimento del Consiglio dei
ministri sulla contribuzione studentesca è necessario, poiché conferma
un tetto massimo percentuale (il 20% del fondo per il finanziamento
ordinario degli atenei), ma non è ancora sufficiente a garantire una
gestione chiara e ragionevole di tale contribuzione. Il provvedimento
servirà a regolarizzare le situazioni anomale esistenti: in alcuni atenei
il rapporto tra tasse degli studenti e trasferimenti statali è infatti
ancora superiore al limite del 20 per cento. Infine, occorre dare una
soluzione al problema del finanziamento della riforma. Si spera che il
ministro dell'Istruzione si adoperi affinché nella Finanziaria siano
incrementati i fondi per l'università a oggi ancora insufficienti.
Investire sulla ricerca, sulla didattica e sulla formazione universitaria
è investire sul futuro del nostro Paese. D'altra parte, oltre
all'applicazione della riforma, molti sono gli aspetti da potenziare in
materia di università: ad esempio il diritto allo studio (alloggi, borse
di studio e così via), il problema della mobilità studentesca nazionale
e internazionale, la valorizzazione delle associazioni studentesche,
l'incentivazione alla ricerca dei laureati più promettenti.
Tommaso
Agasisti
Presidente del Consiglio nazionale degli studenti universitari |