Convegno:
“Universita’, la riforma è iniziata”
Tavola
Rotonda:
“Un
percorso dinamico, non una riforma”
Intervento
di Tommaso Agasisti,
Presidente del Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari
Genova,
14 Ottobre 2001
Innanzitutto
voglio ringraziare gli organizzatori del Convegno, ed in particolare il
Magnifico Rettore prof. Pontremoli per avermi dato la possibilità di
essere qui oggi, e di poter dunque esporre qualche osservazione in merito
a questa prima applicazione della Riforma dell’Università, così come
da studente la sto vivendo in prima persona.
Vorrei partire
dalla perentoria frase che è stata scelta come titolo per queste due
giornate di lavoro: “Università: la riforma è iniziata”. Se infatti
è vero che si è riusciti nell’ardua impresa di far partire tutti i
corsi con la nuova architettura prevista dalla riforma, è vero anche che
occorre interpellarsi su come si è partiti. Faccio questa sottolineatura
perché intendo riportare lo stato d’animo che la stragrande maggioranza
degli studenti manifesta nelle Facoltà, negli Atenei: smarrimento. La
confusione è una costante di questi primi mesi di attività, e si rende
sempre più urgente la necessità di fornire indicazioni ed informazioni
chiare agli studenti. Cercherò di elencare i tre aspetti che ritengo
prioritari a questo proposito.
1.
VALORE DELLA LAUREA TRIENNALE RISPETTO
ALLA VECCHIA LAUREA. Questo è un problema oramai divenuto annoso.
La realtà è che tutti, e dico tutti, gli studenti, hanno bisogno di una
risposta chiara a questa domanda: la laurea che conseguirò con il nuovo
percorso triennale, varrà meno della vecchia laurea o in modo uguale?
Fino ad oggi si è potuto rispondere solamente in maniera ambigua e
confusa. Eppure vi sono elementi certi. Per l’accesso alla pubblica
amministrazione la laurea quinquennale è stata equiparata a quella
vecchia; anche quella triennale è utilizzabile, ma non ai fini di
incarico di stampo dirigenziale. D’altro canto, gli ordini professionali
si sono espressi nella direzione di una valorizzazione della laurea
quinquennale, e, pur prevedendo adeguati sbocchi professionali per la
laurea triennale, si può affermare che esiste una equiparazione di fatto
tra laurea quinquennale e vecchia laurea. Ecco che allora mi chiedo: perché
gli studenti non hanno ancora chiara questa risposta? Perché ancora i
Presidi ed i Rettori spesso hanno fatto, e tuttora fanno, politiche di
incoraggiamento al passaggio al nuovo ordinamento, senza dare adeguata
rilevanza a queste informazioni? Non si può pretendere che gli studenti
guardino con favore a questa riforma, se non li si informa preventivamente
e chiaramente di come potranno spendere il loro titolo sul mercato del
lavoro. A mio avviso tale questione si deve dirimere a due livelli. Da un
lato, il Ministro dovrebbe disporre strumenti informativi adeguati, porre
in essere cioè una campagna informativa che dia le giuste sicurezze agli
studenti sul valore che hanno i diversi tipi di laurea. Eventualmente,
sarebbe opportuno anche un atto ministeriale che chiarisca definitivamente
tale posizione. Dall’altro, i Rettori devono garantire che ogni singolo
corso di laurea che viene inserito nel Regolamento Didattico d’Ateneo e
proposto agli studenti contenga esplicite indicazioni in merito alle
figure professionali cui il Corso stesso dà accesso. Colgo allora
l’occasione di essere qui, a questo Convegno che rappresenta un
appuntamento importante, per lanciare questo appello. Non ci si può
permettere di applicare una riforma del sistema universitario senza dare i
giusti strumenti di garanzia e di sicurezza, agli studenti, sulle
possibilità di accesso al mondo del lavoro: lo studente, quando si
iscrive ad un corso di laurea, deve poter sapere quali professioni potrà
svolgere, e quali no. Lasciare gli studenti allo sbaraglio sarebbe, in
questo momento, un delitto. Queste preoccupazioni il Consiglio Nazionale
degli Studenti Universitari le ha già espresse più volte, e non si
stancherà mai di farlo.
2.
VALIDITA’ DEI CORSI E
SOSTENIBILITA’ DEI CARICHI DIDATTICI: In merito a questo
aspetto vorrei solo fare una piccola, ma a mio avviso importante,
sottolineatura. Vi è un grande rischio che avverto essersi manifestato
nella redazione delle lauree triennali, e che si annida anche nella
attuale preparazione delle lauree specialistiche. Vorrei esplicitarlo
brevemente. Nel comporre i corsi di laurea triennali, ci si è trovati di
fronte alla necessità di operare certe scelte . In alcuni casi si è
proceduto alla compressione di tutto ciò che in precedenza veniva
insegnato in quattro a cinque anni per farlo stare in tre. Così facendo
cosa può accadere? O gli insegnamenti ora sono svolti in molte meno ore,
e dunque spesso trasformati in un insieme di nozioni più che in un esame
universitario; oppure i carichi didattici sono divenuti talmente elevati
da non poter essere sostenuti in soli tre anni. Alcuni Corsi sono
strutturati in maniera tale che per restare in pari con gli studi,
l’unica strada è quella di frequentare lezioni durante tutto il giorno
e studiare tutto il tempo restante. D’altro canto, non è facile stare
al passo in corsi triennali che prevedono 30 esami! Io ho sempre pensato
che l’Università non sia solo il luogo in cui imparare a memoria tante
cose, ma un luogo in cui possa svilupparsi la personalità degli studenti,
in primis attraverso lo studio, ma anche attraverso l’applicazione di ciò
che si impara, il rapporto con i professori, le esperienze di tirocini e
seminari, il tentativo di costruire qualcosa di utile per sé e per gli
altri dentro l’Università. Ma se l’Università si trasformerà in un
liceo per ventenni, in cui si deve solo studiare altrimenti non si
riescono a dare i 6 esami (o più) previsti per ogni semestre, questo non
sarà possibile. Dalle politiche del Ministro e dei Rettori su questo
punto dipende veramente la riuscita o meno di qualsiasi tentativo di
cambiamento. Riformare l’Università non può voler dire tramutarla in
un esamificio, ma operare scelte didattiche ben precise e mirate al bene
degli studenti, e non sempre e solo rispondenti a logiche accademiche.
NOTA BENE: non sto affermando che è accaduto ovunque così; sto solo
segnalando un rischio non troppo remoto.
3.
LAUREE SPECIALISTICHE: come
ulteriore punto vorrei sottolineare l’urgenza di definire i percorsi di
laurea specialistici, in quanto assolutamente indispensabili agli studenti
per poter avere un quadro chiaro dei percorsi formativi da intraprendere.
In mancanza delle lauree specialistiche, infatti, non è possibile alcun
completo ragionamento completo ai fini della decisione del proprio
percorso di studi. Ritengo perciò fondamentale adoperarsi per la
tempestiva stesura delle LS. A mio avviso occorre rispettare alcuni
principi in questa operazione. Da un lato, evitare l’eccessivo
proliferare dei corsi di studi, tanto discusso e criticato: mi limito a
dire che migliaia di corsi non fanno altro che creare ulteriore confusione
negli studenti. Per questo mi sembrerebbe molto più interessante che le
Università si impegnassero a creare un numero ragionevole di corsi di
laurea specialistica, garantendo per questi le necessarie strutture, un
numero adeguato di docenti, esperienze di stage e di apprendimento
linguistico appropriate e qualitativamente valide. Cosa vuol dire infatti
creare corsi specialistici, se non potenziare l’apprendimento
linguistico ed informatico ed i contenuti metodologici e
professionali delle materie del Corso? Questo processo non è tuttavia
possibile al di fuori di un serio raccordo con i percorsi triennali. Più
specificamente, è assolutamente necessario strutturare le lauree
specialistiche in modo tale da non correre il rischio di far perdere
crediti formativi, e dunque tempo prezioso degli studenti, nel passaggio
dal 3 al +2. Inoltre, mi ha positivamente interessato l’idea da alcuni
paventata di prevedere percorsi di primo livello differenziati. Mi spiego:
in pratica, un percorso triennale, all’interno dello stesso corso di
laurea, per gli studenti che vogliono conseguire solo il titolo di laurea
rispetto a quegli studenti che vogliono conseguire la laurea
specialistica. Questo infatti permetterebbe un miglioramento qualitativo
dei corsi sia di primo che di secondo livello. Mi permetto di fare un
esempio, banale ma secondo me utile per inquadrare il problema. In un
corso di Ingegneria, verosimilmente l’insegnamento di Analisi Matematica
I nel 3 sarà ridotto rispetto al programma intero, quello che per
intenderci veniva insegnato prima della riforma. Ora, l’insegnamento
ridotto potrà essere sufficiente per affrontare le applicazioni
matematiche contenute negli esami del triennio. Tuttavia, poniamo che lo
studente intenda iscriversi al +2, una volta conseguita la laurea.
Probabilmente non saranno più sufficienti le competenze acquisite, e
dunque dovrà essere previsto un esame integrativo di Analisi Matematica I
anche nella laurea specialistica. Questo comporterebbe una perdita di
tempo, un difficile raccordo tra contenuti già imparati 3 anni prima e
contenuti nuovi, ecc. Tale problema potrebbe essere aggirato se lo
studente che vuole iscriversi al +2, manifestando questa volontà
all’atto dell’iscrizione, abbia la possibilità di frequentare il
corso completo già al primo anno. Ovviamente, questo processo potrà
essere possibile solo se si prevederanno forme di agile passaggio dal
percorso di studi “direzionato alla LS” al percorso di studi solo
triennale, e viceversa. Questa proposta, tecnicamente dettagliata,
studiata e sperimentato, ritengo potrebbe essere una positiva novità.
Mi
auguro che questi pochi spunti possano essere utili ai lavori dei prossimi
mesi, al monitoraggio della applicazione della riforma, e non siano
interpretati come polemici. Credo che i miglioramenti più efficaci
potranno essere ottenuti in questa collaborazione tra i vari attori del
Sistema, laddove l’apporto degli studenti sia costruttivo e
contemporaneamente vi sia la più ampia disponibilità dei docenti, dei
Rettori e del Ministro ad ascoltare i problemi esistenti, nello sforzo e
nell’interesse comune di risolverli per il meglio.
Grazie. |