CONVEGNO
“PER UN
PUGNO DI CREDITI. OVVERO: CI SARA’ ANCORA L’UNIVERSITA’?”
Milano, 9
Maggio 2001
Intervento
di Tommaso Agasisti,
Presidente del Consiglio Nazionale Studenti Universitari
Innanzitutto
desidero ringraziare l’associazione “Universitas University” di
darmi la possibilità di intervenire a questo importante momento di
confronto su un tema realmente decisivo.
Siamo infatti
oramai giunti al momento della verità: tra pochi mesi verrà applicata
nei nostri Atenei la discussa Riforma dell’Università. Solo da quel
momento si potrà dare un giudizio completo dei vantaggi e degli svantaggi
che questa porterà, sull’entità dell’effettivo cambiamento che essa
saprà comportare e della capacità di risolvere i problemi
esistenti.
Tuttavia sin
d’ora si possono analizzare diversi elementi importanti. Infatti
praticamente tutti gli Atenei si sono adeguati, almeno formalmente, al
processo riformatore, approvando i Regolamenti Didattici d’Ateneo. Nel
mio intervento vorrei solo fornire elementi che spero possano essere utili
per un dibattito intorno agli aspetti problematici che già si sono resi
evidenti in questi mesi di lavoro dentro le Università.
Sin dall’inizio
il nostro Coordinamento Liste per il Diritto allo Studio ha espresso
diverse perplessità, che si possono sostanzialmente ricondurre a una, e
cioè a una preoccupazione culturale sul futuro dell’Università. Su
tale aspetto ci siamo trovati da subito in sintonia, ad esempio, con
numerosi critici che sono intervenuti pubblicamente sul tema. Non si può
rinunciare a quella formazione ampia e critica che l’Università ha
saputo, ed in parte ancora sa, fornire. Ogni tentativo di cambiamento deve
avere questo principale obiettivo, rinnovando la didattica e potenziando
la ricerca in questo senso. Lo scopo deve essere recuperare questa
dimensione che si stava e si sta drammaticamente perdendo. Temo invece che
tale aspetto si sia tralasciato. Cercherò di spiegarmi meglio, mettendo
in luce diversi punti di vista.
Innanzitutto
questo Ministero ha fatto come ultimo passo quello che, a mio parere,
doveva essere il primo: il confronto con il mondo del lavoro. Infatti
occorre tenere in prioritaria considerazione che gli studenti devono
conoscere come possono spendere i loro titoli di studio. Fino a qualche
settimana fa non si prevedevano soluzioni su tale argomento. Poi è
arrivato un provvedimento che ad oggi è ancora incompleto, seppur con
contenuti tendenzialmente condivisibili. E la reazione del mondo del
lavoro è stata a mio avviso univoca: il titolo attuale ha un valore pari
alla futura laurea specialistica (3+2). Vi invito ad una riflessione su
tale punto. Mentre il M.U.R.S.T. propone una divisione del titolo in due
livelli entrambi spendibili, il mondo del lavoro afferma di fatto il
primato di un percorso di studi quinquennale. Detto questo, a mio avviso,
dato che tali titoli triennali sono stati creati, era assolutamente
necessario prevedere anche per questi forme di entrata nel mondo del
lavoro. Tra l’altro, su qualche ambito la scelta di puntare su un
percorso triennale può anche essere condivisibile. Se pensiamo
all’Economia o alle Scienze Politiche, per esempio, si possono
senz’altro immaginare figure professionali che possono esistere già
dopo tre anni di studio. Tuttavia, se pensiamo a facoltà quali Lettere e
Giurisprudenza, capiamo che la formazione non può ridursi con la stessa
facilità: che fine faranno i laureati triennali in questi campi?
A tal proposito
mi sembra che una idea interessante sia quella da più parti prospettata
della diversificazione dei programmi a seconda del tipo di percorso
formativo scelto. Occorre prevedere cioè “diversificazione” in
particolare nel percorso triennale: non si può permettere che gli
studenti che vogliono percorrere un percorso di studi di cinque anni
frequentino percorsi triennali con architettura identica a quella
frequentata dagli studenti che aspirano a fermarsi dopo i tre anni.
Pericolosa in questo senso sarebbe una eccessiva frammentazione dei
programmi, inevitabile nel titolo triennale, ma da impedire in modo
drastico su un percorso quinquennale. Eppure non si registra in nessun
Ateneo l’accoglimento di tale proposta…
Un altro
problema, sorto in modo quasi paradossale, è che si sta evidenziando il
tentativo di comprimere ciò che si insegnava in quattro – cinque anni,
in tre. Così facendo si rischia da un parte di fare “tagli”
discutibili; dall’altra si rischia di determinare un carico didattico
realmente eccessivo, e dunque insostenibile da parte degli studenti. Ma la
vera cosa ancor più strana è che questo non allieva, ma anzi aumenta, il
rischio di una frammentazione dei saperi. Occorre oggi, in questa fase
finale, avere il coraggio di fare scelte consapevoli e precise,
configurando i corsi di laurea secondo due esigenze solo apparentemente
contrastanti. Da una parte creare corsi di breve durata, capaci di
immettere nel mondo del lavoro facilmente, fornendo conoscenze
professionalizzanti; dall’altra mantenere una base culturale ampia.
Questa è la vera sfida; ma chi la sta veramente accettando?
Infine, vi sono
una serie di problemi tecnici ancora da affrontare. Innanzitutto devo dire
che in più Atenei si sta assistendo ad una gestione pessima del
cosiddetto regime transitorio. Infatti la legge prevede che gli studenti
possano decidere se restare al vecchio sistema oppure transitare al nuovo.
Eppure, siamo al mese di Maggio ed ancora non ci sono tabelle che
chiariscano in modo chiaro come avvenga questo passaggio! Occorrerebbe
sensibilizzare i docenti ed i Presidi affinché predispongano al più
presto tali tabelle, in modo tale che gli studenti possano fare scelte
consapevoli e mature, avendo a disposizione tutti gli elementi necessari
per decidere. A tale proposito, occorre anche che ciascuna Facoltà prenda
un indirizzo chiaro.
Altro grande problema è quello della eventuale previsione di debiti
formativi all’entrata. Tale strumento, la cui applicazione è resa
possibile dal dettato della 509/99, non è ancora chiaro. Occorre che vi
sia decisione nel definire chi avrà il compito di redigere tali prove
d’entrata, la loro utilità e funzionalità rispetto al piano di studi.
E poi, ancora, come tali debiti dovranno essere recuperati, e se essi
precluderanno in qualche misura l’iscrizione agli anni successivi. Su
tutti questi problemi, concreti, esistenti, vi è ancora un inquietante
silenzio da parte dei Rettori e dei Presidi. Io invece ritengo che debba
essere data una risposta a questi quesiti, e al più presto. Infatti
questi sono ambiti propri in cui si deve esprimere la tanto proclamata
autonomia degli Atenei e delle Facoltà: non vorrei che dopo averla tanto
attesa, ora questa diventi motivo di paura.
Su questi
elementi (capacità organizzativa e valenza didattica) si esprimeranno
veramente le differenze tra Ateneo e Ateneo, nell’auspicio che tale
processo porti i frutti sperati: innalzamento della qualità didattica e
miglioramento dell’aspetto organizzativo.
Infine, ho
lasciato volutamente ultimo un punto su cui nessuno (Ministero, Rettori,
Presidi) si è espresso. Tutti parlano di Riforma che abbia al centro del
suo essere gli studenti. Ora, se è vero che avere a cuore gli studenti
significa tentare di migliorare la didattica, non si può dimenticare
quale importanza abbia la libera creatività ed espressione degli studenti
dentro l’Università. Su questo aspetto, che io ritengo prioritario, non
si è affatto discusso.
Che ruolo
avranno, ad esempio, l’associazionismo studentesco e la rappresentanza
nella nuova Università? Sulla carta vi sono leggi (vedi la 341/90) che
prevedono “attività liberamente auto - gestite dagli studenti”, e
anche provvedimenti ministeriali (vedi la famosa nota di indirizzo
18/10/1998) che incentivano lo sviluppo delle associazioni e cooperative
studentesche. Tuttavia nella pratica si è spesso evidenziato un
disinteresse su tale argomento e una disattesa delle sopra citate
indicazioni legislative e Ministeriali. Ultimo caso eclatante è stato
quello di un Preside che intendeva vietare agli studenti l’utilizzo per
una loro libera attività di una aula della Facoltà inutilizzata.
Tale situazione
si è risolta grazie all’intervento del Consiglio Nazionale degli
Studenti Universitari e del Presidente della Conferenza dei Rettori
Modica. Tuttavia occorre prevedere strumenti di tutela più efficaci e
capillari per queste situazioni. Io spero che il Ministero e le Università
riconoscano in misura sempre maggiore la validità delle iniziative degli
studenti, tanto quelle auto - gestite quanto quelle rivolte a servizio di
utilità per tutto il mondo universitario.
Queste sono le
famose attività di orientamento e tutorato tanto ostacolate dalle
istituzioni universitarie, che vorrebbero spesso gestirle in modo “centralistico”,
tagliando fuori la componente studentesca che spesso invece ha avuto un
ruolo di supporto (ed a volte anche autonomo) realmente significativo.
Penso alle tante iniziative di pre informazione delle matricole, gruppi di
studio prima e durante l’anno accademico, ecc proposte e portate avanti
oramai da anni da organizzazioni studentesche di indubbio valore. In tale
direzioni sono significative alcuni esempi di riconoscimento importante.
A Bologna, ad
esempio, in fase di ridefinizione del Regolamento Didattico di Ateneo in
vista della Riforma, è stato previsto che la attività integrative alla
didattica, servizi di orientamento e tutorato, possano essere svolti anche
in collaborazione con gli studenti in forma libera ed associata. E questi
sono fatti concreti, non buoni propositi.
In estrema
sintesi, per concludere, dico che a quattro mesi da quello che vorrebbe
essere un cambiamento radicale della nostra Università, tanti, troppi
aspetti restano ancora da chiarire.
E io,
personalmente, non riesco ancora ad immaginare lucidamente quali siano gli
aspetti concreti su cui la riforma universitaria potrebbe incidere
positivamente, e su quali aspetti si è ancora in tempo per intervenire a
tal fine. Spero solo che i pochi e forse confusi elementi che ho voluto
sottolineare possano essere utili ad una riflessione e a una discussione
che non si fermi ora, ma che continui nell’ottica di un reale confronto
a più livelli, tra studenti e docenti.
Grazie. |