da
"L'Avvenire" di
venerdì 21 settembre 2001
GLI
STUDENTI
Per il
presidente del Consiglio nazionale bisogna puntare alla formazione
integrale della persona
"Riforma,
sorvegliata speciale"
Agasisti:
a rischio la completezza del percorso didattico
Compressi
cinque anni di studio in tre: quanti staranno al passo con gli esami?
di RENATO
MENGA
Milano.
Sono trascorsi quasi due anni dall'annuncio della Riforma degli studi
universitari. E' l'ora del debutto. Gli obiettivi erano, e sono, di
limitare il numero di abbandoni, aumentare i laureati, evitare il fenomeno
dei fuori corso e facilitare ai neolaureati l'ingresso nel mondo del
lavoro. Riserve sono state, però, avanzate da più parti sulla congruità
degli strumenti previsti dalla Riforma. Tra gli scettici c'è il
Presidente del Consiglio Nazionale Studenti Universitari (Cnsu), Tommaso
Agasisti.
Valeva
la pena fare questa riforma?
Un
cambiamento era necessario e un tentativo andava fatto per migliorare
l'università italiana. Ora si tratta per il Cnsu di mantenere aperto il
dialogo con le università e il ministero perché quest'anno rappresenta
per la riforma un importante banco di prova. Ma non credo che la semplice
diminuzione degli anni di studi, il famoso 3+2, porti automaticamente alla
riduzione degli abbandoni.
Eppure
è uno degli obiettivi della riforma.
Se è per
questo non è neppure vero che gli studenti grazie al 3+2 finiranno
l'università in corso.
Che
cosa intende dire?
Qui
entriamo nel punto cruciale delle nostra critica alla riforma. La nostra
obiezione è di tipo culturale. L'Università è il luogo del sapere. Ora,
un percorso formativo di 4, 5 anni viene compresso in 3 anni. Con i
programmi che ci sono ora, sarà improbabile che uno studente riesca a
stare al passo con gli studi.
Propone
quindi di alleggerire i programmi?
No, questo
porterebbe ad uno svuotamento culturale ed è proprio ciò che non
vogliamo. Serve invece una precisa scelta didattica. Stabilire che certi
insegnamenti sono più importanti di altri. Perché la laurea di base,
quella che dura solo 3 anni, sia veramente utile allo studente, è
necessario ripensare corso per corso quali sono gli insegnamenti più
utili. Inutile fare un calderone di tutto o ridurre i programmi. Meglio
meno materie, quelle importanti per quel corso di studi, e svolgerle bene.
Difficile però che i singoli atenei accettino un discorso del genere.
Eppure,
con questa riforma gli studenti dovrebbero finalmente uscire dalle
università pronti per il mondo del lavoro. Per questo si è studiato il
3+2: una laurea breve subito spendibile in azienda, seguita da una
specialistica per accedere ad alcune libere professioni.
Noi
rilanciamo invece un'idea di università che formi la persona per intero.
Lo studente durante gli studi deve guadagnare un metodo e questo deve poi
potersi applicare alla professione. Per questo ci spaventa un'università
che parla immediatamente di formazione al lavoro. Tecnicismo e
strumentalismo saranno sì d'aiuto al neolaureato quando sarà alla
ricerca del suo primo impiego. Ma alla lunga si riveleranno inutili se non
si è in possesso di un metodo, degli strumenti logici e teorici che
rendono agile una mente. È questo che l'Università non dovrebbe mai
rinunciare a dare.
I
crediti formativi da questo punto di vista non possono essere il modo con
cui l'Università misura l'acquisizione di un metodo?
I crediti
formativi sono innanzitutto l'unità di misura dell'impegno degli
studenti. Sulla carta uno strumento utile, sempre che non ci si limiti ad
una equivalenza esami sostenuti e crediti. Anche qui occorrerebbe
distinguere fra crediti guadagnati con fatica seguendo le lezioni più
importanti e crediti assegnati dalle materie complementari. Non solo, se i
crediti devono davvero misurare l'impegno individuale dello studente, la
sua crescita, è giusto che questi arrivino anche dalla partecipazione ad
associazioni e cooperative studentesche. Perché qui è possibile un loro
reale coinvolgimento e valorizzazione.
Quali
sono le risposte delle istituzioni alle perplessità del Cnsu, ma anche
alle vostre proposte?
Positive.
Proprio due giorni fa abbiamo incontrato il ministro Letizia Moratti. Ha
ascoltato le nostre proposte. Ci è sembrata molto attenta alle nostre
perplessità, crediamo, poi, che in gran parte le condivida. In fondo ha
ereditato una riforma voluta dal precedente esecutivo. Anche per lei si
tratta di capire il cambiamento per poi valutarlo. Ma a farci veramente
sperare è che già dalla settimana prossima incominceremo a lavorare a
stretto contatto con il suo staff sul nostro "pacchetto università"". |